In Burkina Faso il nostro progetto sta restituendo dignità alle persone con disabilità. A testimoniarlo il Presidente della Diaspora Burkinabé.

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50.000: tanti sono i cittadini del Burkina Faso oggi in Italia. A dircelo è il Presidente della Diaspora Burkinabé, Samadou Soulene. Lo incontriamo un sabato mattina nella sua casa, in provincia di Bergamo, per parlare del progetto “Coltivare l’inclusione”. In Burkina Faso, uno dei Paesi più poveri dell’Africa sub-sahariana, l’insicurezza alimentare è un problema cronico. Per questo dal 2018, grazie anche al sostegno dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, abbiamo avviato un progetto con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza alimentare delle famiglie più vulnerabili, assicurando loro formazione, lavoro, cibo e una migliore qualità della vita. Per questo Samadou è emozionato ma allo stesso tempo orgoglioso di poter testimoniare quanto il progetto abbia restituito dignità alle persone con disabilità che vivono nel Paese.

Tra scelte e difficoltà

Lo sa bene lui che nella “Terra degli uomini integri” – questo il significato di Burkina Faso – ci è nato quarantaquattro anni fa, ma che presto ha dovuto lasciare in cerca di un futuro migliore, lo stesso che ha spinto i 50.000 suoi concittadini a emigrare. Arrivato in Italia nel 2000 con l’obiettivo di continuare gli studi universitari, Samadou scopre che il diploma ottenuto in Burkina da noi non era valido. Un primo ostacolo al quale non si arrende. Impara l’italiano, torna a scuola, si diploma come perito meccanico e oggi è responsabile di settore in un’azienda locale. Padre di quattro figli, consigliere comunale, Presidente della Diaspora Samadou crede molto nell’inclusione e nell’integrazione e da anni lavora affinché queste si possano realizzare. Come ce lo dice nell’intervista.

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