Dallo slum di Kampala all’ospedale Mengo per tornare a vedere. Guarda il video-reportage della missione sul campo con Filippa Lagerbäck, nostra amica e ambasciatrice, per accompagnare Jessy fuori dal buio della cecità.
Da più di dieci anni Filippa Lagerbäck è amica e ambasciatrice di CBM Italia: in prima linea sia quando si tratta di sostenere i nostri interventi di prevenzione e cura della cecità evitabile, sia nel raccontarlo a chi la segue con affetto, per aiutarci a fare luce su questo tema che, purtroppo, è ancora troppo spesso ignorato.
Qualche anno fa le abbiamo proposto di venire con noi a Kampala, in Uganda, per visitare un nostro progetto sul campo e vedere con i propri occhi cosa significa “uscire dal buio della cecità”. Lì ha conosciuto Jessy.
L’incontro tra Filippa e Jessy
Jessy, all’epoca, aveva sette anni e viveva con la mamma e le due sorelle nello slum nei pressi di Kampala, la capitale dell’Uganda.
Nonostante i suoi coetanei fossero già in seconda elementare, Jessy frequentava ancora la baby class (la scuola dell’infanzia), perché non riusciva a stare al passo con i compagni a causa delle sue difficoltà a vedere.
Era affetto da cataratta bilaterale, ma non gli era ancora stata diagnosticata né tantomeno curata: Jessy stava diventando cieco e tutti, intorno a lui, pensavano fosse svogliato, pigro, non abbastanza intelligente.
Essere ciechi o avere gravi problemi alla vista in contesti di estrema povertà, affollati, accidentati, rende pericolosa ogni azione quotidiana. È elevato il rischio di perdersi, di cadere, farsi male, ma anche di subire violenze senza essere in grado di riconoscere i propri aggressori.
L’arrivo dell’operatore e il viaggio in ospedale
Una componente fondamentale dell’intervento di CBM è individuare i bambini con disabilità visive per poter fornire le cure e l’assistenza di cui hanno bisogno. Per questo i nostri operatori, in tutto il mondo, ogni giorno si recano fino ai villaggi più remoti, nelle scuole, nei centri salute, nei punti di aggregazione, per visitare gli occhi di adulti e bambini.
È stato proprio grazie alla visita di un operatore che a Jessy è stata diagnosticata la cataratta ed è stato grazie all’aiuto dei nostri sostenitori in Italia che abbiamo potuto accompagnarlo in ospedale, per essere operato gratuitamente.
“The big day”, il giorno dell’operazione
Dopo essere arrivati all’ospedale oculistico Mengo e aver svolto tutti i controlli preparatori, insieme a Filippa salutiamo Jessy e la sua mamma e ci diamo appuntamento al giorno successivo, quello dell’operazione.
Qui sono tutti tranquilli, ogni giorno i medici e gli infermieri visitano e curano decine e decine di bambini. Per loro è normale ridare la vista a un bambino, ma per me è una cosa incredibile, impensabile.
Filippa Lagerbäck
L’operazione richiede circa 20/30 minuti per occhio: il cristallino reso opaco dalla cataratta viene sostituito con uno artificiale, completamente trasparente, come dovrebbe essere (nel video Filippa ce lo mostra).

L’operazione di cataratta, per i bambini, deve essere fatta in anestesia totale. Per questo non tutti gli ospedali sono in grado di svolgerlo o i medici specializzati per farlo.
Finalmente, il ritorno alla luce
Il seguente arriva finalmente il momento di rimuovere le bende dagli occhi. Jessy è spaesato, inizia piano piano a osservarsi le mani e a contare: “eight…nine…ten!”.
L’operazione è riuscita! Jessy è uscito dal buio della cecità.
Nei giorni successivi la vista di Jessy è continuata a migliorare. Qualche settimana dopo ha fatto ritorno in ospedale per un controllo e per ricevere i suoi occhiali correttivi. È prontissimo per andare a scuola e crescere insieme ai suoi coetanei.
Quando è tornato noi eravamo già ripartiti per l’Italia, ma il ricordo di Jessy, l’emozione di vedere un bambino che ritorna a vedere, sapere che la sua vita non sarà più la stessa, ci accompagna ogni giorno.
È il senso di quello che facciamo e che anche tu puoi fare con noi!