Il pianeta è sempre più caldo: a dirlo da decenni migliaia di studiosi, ma a sperimentarlo quotidianamente siamo tutti noi. Purtroppo gli effetti del clima che cambia non colpiscono tutti allo stesso modo. Ne parliamo con Serena Giacomin, Fisica, Climatologa, Direttrice Scientifica di Italian Climate Network.

primo piano serena giacomin

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  • Il cambiamento climatico colpisce in modo diverso le varie aree geografiche. Guardando al tema dell’acqua, quali sono gli impatti più significativi nei paesi africani rispetto alla regione nord mediterranea e in particolare all’Italia?

«Il cambiamento climatico ha un impatto profondamente diverso a seconda della regione geografica. Nei Paesi africani, le principali sfide legate all’acqua includono la siccità, la desertificazione e l’accesso limitato a fonti idriche sicure. A causa dell’aumento delle temperature e della riduzione delle precipitazioni in alcune aree, si verifica una diminuzione delle riserve idriche superficiali e sotterranee, mettendo a rischio l’agricoltura di sussistenza da cui dipende gran parte della popolazione. Le aree del Sahel, ad esempio, affrontano eventi estremi come siccità prolungate alternate a piogge torrenziali, che aggravano la vulnerabilità delle comunità.

In Italia e nella regione nord mediterranea, invece, il problema si manifesta con fenomeni come la riduzione della disponibilità d’acqua nei bacini idrici, l’aumento delle ondate di calore e una maggiore variabilità nelle precipitazioni. Questo crea pressioni sull’agricoltura, sul turismo e sulle risorse idriche, specialmente nelle aree già stressate come il Sud Italia. Inoltre, il Mediterraneo è considerato un “hotspot climatico” dove l’aumento delle temperature e il cambiamento nei pattern delle piogge intensificano il rischio di siccità e alluvioni».

  • In che modo la crisi climatica, e in particolare la gestione delle risorse idriche, sta amplificando le disuguaglianze tra Nord e Sud del mondo?

«La crisi climatica amplifica le disuguaglianze globali perché le nazioni del Sud del mondo, molte delle quali si trovano in Africa, sono spesso le più vulnerabili e meno attrezzate per affrontare gli impatti. Mentre i Paesi del Nord, come quelli europei, possono contare su infrastrutture e risorse economiche per adattarsi, i Paesi del Sud subiscono gravi conseguenze per la mancanza di sistemi di gestione dell’acqua e di politiche di adattamento efficaci. Ad esempio, in Africa subsahariana, oltre 400 milioni di persone non hanno accesso a fonti di acqua potabile sicura. La carenza idrica colpisce non solo l’agricoltura, ma anche la salute pubblica, aumentando la diffusione di malattie legate all’acqua contaminata. Questa disparità è un circolo vizioso: i Paesi più poveri sono costretti a destinare risorse limitate alle emergenze climatiche, riducendo ulteriormente la capacità di investire nello sviluppo sostenibile».

  • L’acqua è essenziale per la vita, ma in contesti con fragilità strutturali, come molti Paesi africani, la sua scarsità o cattiva gestione minaccia direttamente alcuni diritti fondamentali.

«L’accesso limitato all’acqua nei Paesi africani ha conseguenze dirette su tre diritti fondamentali: vita, salute e sicurezza alimentare. Senza acqua sicura e accessibile, aumenta la mortalità per malattie prevenibili, come diarrea e colera, che colpiscono in modo particolare i bambini. La scarsità d’acqua influisce anche sulla produzione agricola, essenziale per la sussistenza di milioni di persone. Questo porta a carestie e insicurezza alimentare, aggravando le condizioni di povertà e malnutrizione. Inoltre, la competizione per le risorse idriche, soprattutto nelle aree dove le infrastrutture sono deboli o inesistenti, può alimentare conflitti interni o transfrontalieri, come nel caso del Nilo o del Lago Ciad. In contesti fragili, la gestione inefficace dell’acqua diventa quindi un fattore che amplifica le disuguaglianze sociali e mina la stabilità politica».

  • Come esperta, quali strategie ritiene più urgenti per garantire l’accesso equo alle risorse idriche e proteggere i diritti delle popolazioni più vulnerabili, in un mondo sempre più colpito dagli effetti del cambiamento climatico?

«Per garantire l’accesso equo alle risorse idriche, è necessario adottare un approccio integrato e multilivello che combini interventi locali e globali. Tra le strategie più urgenti ci sono:

Investire in infrastrutture idriche resilienti, come sistemi di raccolta delle acque piovane, pozzi sicuri e impianti di desalinizzazione, adattati alle condizioni climatiche locali.
Promuovere la cooperazione internazionale, soprattutto in aree con risorse idriche condivise, attraverso accordi che assicurino una gestione sostenibile e pacifica delle risorse.
Educazione e sensibilizzazione delle comunità locali sull’uso efficiente dell’acqua e sulla necessità di pratiche agricole sostenibili.
Sostenere tecnologie innovative, come l’irrigazione a goccia o il riutilizzo delle acque reflue, per migliorare la disponibilità e la qualità dell’acqua.
Assicurare finanziamenti adeguati ai Paesi in via di sviluppo, per consentire loro di affrontare le emergenze idriche e costruire sistemi di gestione efficaci.

È fondamentale riconoscere che l’accesso all’acqua è un diritto umano universale. Garantirlo non significa solo salvare vite, ma anche costruire società più giuste e resilienti di fronte ai cambiamenti climatici».

Cosa fa CBM

Come si legge nell’intervista, garantire un accesso equo all’acqua e proteggere il diritto alla salute e alla nutrizione sono fondamentali per mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulle comunità più vulnerabili.

Noi di CBM realizziamo interventi soprattutto in Africa, il continente più colpito dal cambiamento climatico; qui l’aumento delle temperature e l’alternarsi di piogge torrenziali a stagioni di siccità possono favorire la diffusione di malattie infettive e l’insicurezza alimentare e la carenza di acqua pulita aggravano  i problemi di salute esistenti, aumentando i tassi di malnutrizione e malattie.

In Niger stiamo portando avanti il progetto CRADI, un intervento triennale di agricoltura resiliente ai cambiamenti climatici che promuove pratiche agricole sostenibili, come la coltivazione di varietà resistenti alla siccità e l’uso efficiente delle risorse idriche. In Malawi il progetto “Smart climate” ha l’obiettivo di migliorare la resilienza delle comunità vulnerabili  nelle regioni centrali e settentrionali, con l’obiettivo di stabilizzare la loro sicurezza alimentare e nutrizionale, generare mezzi di sussistenza sostenibili, proteggere e salvaguardare le risorse disponibili.

In Sud Sudan, in un contesto di crisi umanitaria oltre che climatica, nel campo sfollati di Gorom lavoriamo per  migliorare le pratiche nutrizionali e agricole delle persone più vulnerabili e forniamo pozzi di acqua pulita.


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