Un progetto inclusivo rivolto a donne, minori, sfollati e persone con disabilità nella regione del Tigray, dove oltre 9 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. 

foto beneficiaria etiope nel buio
Credits: Marco Simoncelli per CBM Italia

Il contesto

Nel nord dell’Etiopia, soprattutto nelle regioni di Tigray, Amhara e Afar, nel 2020 è esploso un conflitto che ha provocato una delle crisi africane più gravi degli ultimi anni. La maggior parte delle strutture come scuole e ospedali sono distrutte o inagibili, a causa dei bombardamenti e dei saccheggi.

In Tigray, al confine con l’Eritrea, la situazione è particolarmente instabile: 

2 mln
di sfollati e profughi
9 mln
di persone necessitano di assistenza umanitaria

Le famiglie sono fuggite verso le città, riversandosi nei campi sfollati. 

Il sovraffollamento e le scarse condizioni igieniche e sanitarie hanno accelerato la diffusione di malattie infettive degli occhi e dei problemi correlati. Tra tutte: il tracoma, prima causa di cecità infettiva al mondo. 

La mancanza di medici 

Una crisi, quella del Tigray, che aggrava un contesto già molto fragile e compromesso.  

L’Etiopia, infatti, registra la prevalenza di cecità tra le più alte al mondo, con 1 milione e 680 mila persone cieche, ed è il Paese più colpito dal tracoma.

Percentuali elevate dovute alla mancanza di servizi e alla scarsa cura e prevenzione delle malattie visive da parte della popolazione. Nell’intero Paese sono solo 140 gli oftalmologi e la maggior parte di loro (80%) lavora nella capitale Addis Abeba.

Non lasciare nessuno indietro 

Per le persone che appartengono alle categorie più vulnerabili, che vivono nei campi sfollati o lontano dai principali centri abitati, l’accesso ai servizi di salute è quasi completamente precluso

È a loro che è rivolto l’intervento, avviato a dicembre, presso la clinica St. Louise, a Mekelle. Un importante progetto triennale con l’obiettivo di potenziare i servizi oculistici per le popolazioni vulnerabili della regione, garantendo cure oculistiche complete, inclusive e di qualità a oltre 190 mila persone tra cui sfollati interni, anziani, bambini, donne e persone con disabilità.  

Le attività nei tre anni 

  • Formazione del personale sanitario 
  • Creazione di un laboratorio ottico
  • Erogazione di servizi presso la clinica e con cliniche mobili 
  • Fornitura di dispositivi di riabilitazione per le persone con disabilità 
  • Sensibilizzazione e coinvolgimento di comunità e istituzioni  

Sempre in Tigray, in contemporanea, siamo presenti nel distretto di Adwa con un progetto umanitario inclusivo per garantire supporto alimentare, assistenza psicosociale a sfollati, donne e persone con disabilità. Tra loro c’è Almaz, mamma cieca che grazie al progetto ha trovato una speranza per il futuro suo e di suo figlio (qui la sua storia). Un impegno ampio e integrato per non lasciare indietro nessuno, soprattutto dove l’accesso ai diritti è più fragile.

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