La dottoressa Mgaya vive in Tanzania: grazie a una borsa di studio di CBM si è specializzata in oftalmologia ed è diventata una dei pochissimi oftalmologi pediatrici del Paese. Mgaya è sposata e madre di due figli. Nell’intervista racconta perché nel suo lavoro ha scelto di dedicarsi ai bambini.
L’intervista alla dottoressa Mgaya
- Quando hai deciso di diventare un medico?
«Ai tempi della scuola ho sempre avuto la passione per le scienze; inoltre un mio vicino di casa era dottore: penso che il suo esempio mi abbia in parte ispirata. Poiché ero molto brava a scuola ho poi ottenuto una borsa di studio per studiare medicina».
- Per quale motivo hai scelto di specializzarti in oftalmologia?
«All’epoca stavo studiando e mio nonno ha iniziato a non vedere bene: soffriva di cataratta. Non sapevo che avesse la cataratta ma un giorno un medico è venuto a visitare il nostro villaggio e ha deciso di operare mio nonno. Più tardi, quando ho dovuto scegliere una specializzazione mi sono ricordata di quell’episodio e ho scelto oftalmologia».
- Sei felice della tua decisione?
«Sì lo sono. La cosa speciale di lavorare per la salute della vista è che quando operi un paziente sai immediatamente se l’intervento ha avuto successo, se la persona potrà vedere o meno. E quando – il giorno dopo l’intervento – le persone tornano a vedere, ti regalano un sorriso luminoso. Questo mi rende felice».
- Tu sei una dei pochissimi oftalmologi pediatrici in Tanzania. Cosa significa per te curare un bambino con disabilità visiva?
«Non so se sia un dono, ma è abbastanza facile per me stabilire una relazione di fiducia con i bambini. Quando ho iniziato a lavorare come oftalmologa, nel mio ospedale non c’erano medici che operavano i bambini di cataratta. Per questo venivano indirizzati verso altri centri medici, spesso troppo lontani, per cui spesso le famiglie rinunciavano ad andarci e quindi a far curare i figli. Tornavano quindi da noi per lo stesso problema… questa situazione mi ha spinto a diventare oftalmologa pediatrica. I bambini, in questo modo, non avrebbero più dovuto spostarsi per farsi curare».
- In che modo la cura della vista ha a che fare con l’intera vita di un bambino?
«Se un bambino cieco non è curato, per tutta la vita che ha davanti non potrà vedere e avrà bisogno di supporto costante. Possiamo cambiare ciò dandogli la vista».
- Cosa fai dopo una lunga giornata di lavoro e nel tempo libero?
«Sono molto impegnata dal lunedì al venerdì, ma nei fine settimana mi piace cucinare per la mia famiglia. A volte vado in giro per la città con i miei figli. Mi piace anche cantare, un tempo cantavo nel coro di una chiesa».
- Se potessi dare un solo consiglio a un bambino, quale sarebbe?
«Come medico sarebbe: proteggi i tuoi occhi! Perché quando ti ferisci all’occhio e perdi la vista, è difficile tornare a vedere come prima. E come madre: se puoi andare a scuola, usa il tuo tempo in modo efficace. È la base del tuo futuro. E un’altra cosa: se puoi ottenere qualcosa oggi, fallo, perché non puoi sapere quali piani Dio ha per te domani».
Perché è importante formare nuovi medici?
Contribuire agli studi di un oculista, di un infermiere specializzato, di un tecnico ottico, significa far sì che centinaia di bambini e adulti con disabilità visive siano curati, assistiti e operati da mani esperte e preparate. Significa formare medici che offriranno le loro competenze a chi rischia la cecità per malattie curabili.
CBM è in prima linea nella formazione di personale locale e nella crescita professionale di medici e infermieri. Solo così si possono creare risorse permanenti che possano garantire cure di qualità nei loro Paesi.